Ma quella sera la sua voce non era la solita. Era ferma. Gelida.
Mi chiamo Davide Mancini. Ho trentotto anni, una vita apparentemente tranquilla, un appartamento vista fiume a Vancouver e una startup che, dopo anni di fallimenti, finalmente funziona. Non sono ricco, ma ci sto arrivando. Almeno, lo credevo. Fino a quella videochiamata. La connessione era instabile. L’immagine sgranata mostrava il viso di mia madre, Irina, da … Read more