Era la sera del nostro primo anniversario di matrimonio

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Era la sera del nostro primo anniversario di matrimonio. Avrei voluto una cena tranquilla, due calici di vino e parole sussurrate, ma Vladislav — mio marito — aveva in mente tutt’altro. Una festa opulenta, piena di ospiti illustri, risate forzate e selfie calibrati. Il salone brillava di luci artificiali, cristalli e vanità.

Io, in un abito nero semplice ma elegante, osservavo tutto come da dietro un vetro. Non conoscevo quasi nessuno. Nessuno conosceva davvero me.

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Vladislav era nel suo elemento: il brillante uomo d’affari, l’ospite perfetto. Mi presentava come “sua moglie”, come si presenta un orologio costoso o una macchina sportiva. Non una parola sul mio lavoro, sui miei sogni, sui libri che avevo scritto sotto pseudonimo. E poi arrivò il momento che cambiò tutto.

Un suo collega, con un sorriso tirato, si rivolse a me:
— “E tu, di cosa ti occupi? Scrivi, vero? Vladislav ci ha detto che è un tuo passatempo carino.”

Sorrisi, per non rispondere. Ma fu allora che Vladislav, con un tono ironico e l’alzata di bicchiere, disse:
— “Dai, non fatela arrossire. La mia piccola intellettuale di periferia. Povera, ma con sogni grandi.”

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Scoppiarono delle risate leggere. Nessuno notò il silenzio che cadde intorno a me.

Ero povera? Povera di cosa? Di soldi? Forse. Ma non di coraggio. Non di talento.

Mi alzai, sorrisi anch’io — ma il mio sorriso era diverso — e presi il controllo.

— “In effetti,” dissi con voce chiara, “mi piace scrivere. E a volte, con un po’ di fortuna, si vende anche qualcosa. Avete sentito parlare di La Firma Nascosta?”

Ci fu un brusio. Un ospite — una donna elegante con gli occhiali da lettura — spalancò gli occhi.

— “Aspetti… quello è il romanzo dell’anno. Bestseller in 14 Paesi. L’autrice usa uno pseudonimo… Sei tu?”

Vladislav mi fissava, confuso. Io annuii.
— “Sì. L’ho scritto io. E l’ho fatto con lo stesso cognome da nubile che ti sembrava così imbarazzante mettere sull’invito.”

Seguì un silenzio pesante. Poi, l’applauso più sincero della serata.

Quella notte tornai a casa da sola. Ma non ero più sola dentro. Ero libera. Non ero più la “moglie di”. E non lo sarei mai più.

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