Ira sedeva nel suo piccolo soggiorno due giorni dopo l’accaduto, ancora tremante per l’adrenalina che sembrava non volerle lasciare il corpo. Le immagini della sera sul lago le scorrevano davanti agli occhi come in un sogno. Il ghiaccio, il terrore nei volti di quei bambini, il gelo che le entrava nelle ossa… e poi il momento in cui li aveva tirati fuori, uno dopo l’altro.
Le avevano detto che era un miracolo. Che aveva rischiato la vita. Che era un’eroina.
Ma lei non si sentiva un’eroina. Si sentiva… sveglia. Viva. Come se per la prima volta dopo anni qualcuno l’avesse scrollata da un lungo sonno.
Aveva quarantasette anni, lavorava come bibliotecaria in una scuola di provincia e viveva da sola da più di dieci. Una vita semplice, silenziosa, fatta di tè caldi, libri e passeggiate solitarie. Il tipo di esistenza che nessuno nota, che nessuno disturba. Ma bastò quel grido a rimescolare tutto.