Quando ho proposto di dividere i ripiani del frigorifero, non pensavo che sarei finita a piangere nel parcheggio del supermercato con una busta di insalata in mano.

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Quando ho proposto di dividere i ripiani del frigorifero, non pensavo che sarei finita a piangere nel parcheggio del supermercato con una busta di insalata in mano.
Eppure è proprio lì che mi sono rifugiata, dopo lo scontro.
Perché non era solo una questione di spazio. Era questione di presenza. Di invasione. E, forse, di sopravvivenza.

Rosalba vive con noi da sei mesi. Da quando ha avuto la caduta.
“Solo per un po’,” aveva detto Giacomo.
E io, ingenuamente: “Certo, ci stringiamo, si fa.”

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All’inizio era perfetto. Le sue zuppe. Il modo in cui addormentava la piccola cantandole le canzoni che cantava a Giacomo bambino.
Poi sono arrivate le piccole crepe: le tende cambiate senza chiedere. Le pentole spostate. I suoi barattoli di conserve sul mio scaffale. Le sue amiche che entravano senza suonare.

E infine, il frigorifero.

Da settimane lo yogurt spariva. Il latte dimezzato. La frutta tagliata a metà e poi mai più vista.
Un giorno ho trovato un biglietto attaccato al burro: “Finito. Ne ho comprato uno nuovo, ma il tuo era salato. Questo è dolce. Rosalba.”

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Il burro. Etichettato.
E lì mi si è accesa la lampadina: e se etichettassimo tutto?
Un’idea pacifica, no?
Un modo per sopravvivere nella stessa casa, senza ucciderci a colpi di zucchine.

Quando gliel’ho detto, con voce calma e sorriso educato, lei si è trasformata.

— Ah, adesso siamo in collegio? O in prigione?

— Ma no, Rosalba, è solo per… chiarezza. Per evitare… confusione.

— Confusione?! C’è confusione solo quando le famiglie smettono di esserlo! Quando diventano “tu da una parte, io dall’altra”.

Poi mi ha guardata dritta, con gli occhi lucidi, e ha detto:
— Vuoi che me ne vada?
E io, dentro di me, ho pensato: sì. Ma fuori ho detto:
— No, Rosalba, non è questo. È solo il frigo.

Ma non era solo il frigo.
Era lo spazio. Il ruolo. Il posto che ognuna di noi cercava di difendere.
Io quello di madre e moglie. Lei quello di madre e… residuo.
E in mezzo, un uomo che tagliava la legna in garage fingendo che non fosse affar suo.

Quella sera, ho aperto lo sportello e ho attaccato le etichette.
R.
M+G.
Bambina.

Giacomo mi ha guardata come si guarda chi ha fatto una scelta.
E io ho sussurrato:
— Non voglio cacciarla. Voglio solo restare me stessa.

Lui non ha detto niente. Ma non ha nemmeno tolto le etichette.

Oggi il frigorifero è un po’ più ordinato.
Rosalba ha un ripiano tutto suo. Ci mette le sue composte e i suoi budini. A volte, lascia un biglietto: “Ne ho fatto anche per te.”

E io, a volte, le rispondo:
“Grazie. Anche tu puoi prendere del mio.”

Forse non è pace.
Ma è convivenza.
E certe etichette, alla fine, ci aiutano a ricordarci chi siamo.

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