In uno dei grattacieli più esclusivi di Mosca, viveva Viktor Baranov, uno degli oligarchi più potenti del paese. La sua giornata era scandita da telefonate con ministri, riunioni internazionali e champagne con uomini d’affari in terrazze con vista sulla città. Era abituato ad avere tutto, ma quel “tutto” cominciava a sembrargli improvvisamente vuoto. Non ricordava più l’ultima volta in cui aveva riso davvero.
Ogni mattina, all’alba, incontrava nel parcheggio del suo palazzo un uomo curvo, con le mani segnate dal tempo e dal gelo. Era Mikhail Petrov, il bidello del condominio. Sempre puntuale, sempre silenzioso, sempre lo stesso cappello di lana sgualcito. Non scambiavano mai più di un cenno del capo.
Ma un giorno, Viktor notò qualcosa. Mikhail uscì dal retro del palazzo con una valigia logora in mano. Strano, pensò Viktor. Era sabato e la neve cadeva fitta. Preso da un impulso inspiegabile, lo seguì. Salì sulla sua Bentley scura e lo tenne d’occhio, guidando lentamente.
Mikhail salì su un vecchio autobus e attraversò mezza città. Viktor lo seguì a distanza, confuso dal suo stesso comportamento. Alla fine, l’uomo scese in una zona dimenticata dalla modernità: case in legno, fango, odore di carbone.
Mikhail camminò ancora un po’ e poi entrò in una piccola costruzione grigia. Viktor si avvicinò e vide che non era una casa. Era un centro sociale. Dall’interno provenivano voci, musica… risate.
Incuriosito, Viktor parcheggiò e, senza farsi notare, guardò da una finestra. Quello che vide lo lasciò senza parole.
Mikhail, il vecchio bidello, era al centro di una stanza piena di bambini. Stava raccontando una storia, con una voce profonda e piena di emozione. I bambini lo ascoltavano rapiti, poi esplodevano in risate. C’erano biscotti, tè caldo e disegni appesi alle pareti. Mikhail distribuiva giochi, rammendava vestiti, faceva il mago con un cucchiaino e una monetina.
Una volontaria gli sussurrò qualcosa. Mikhail sorrise e disse: «Fino a quando le mie mani reggono una scopa, potrò regalare ai miei bambini un po’ di gioia.»
Viktor sentì un nodo in gola. Era abituato a misurare la vita in profitti e potere. Ma lì, in quella piccola stanza, un uomo che guadagnava un centesimo del suo stipendio stava cambiando il mondo — con gesti semplici, ma pieni d’amore.
Tornò alla sua macchina in silenzio. E per la prima volta dopo anni, Viktor Baranov si sentì… piccolo. Ma vivo.