Quando sfondarono la porta, il tanfo di muffa li travolse, ma ciò che videro paralizzò

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La bambina tremava, sporca di fango e pianto. Quando gli agenti Ray Donovan e Adam Miller aprirono la portiera, la voce flebile di lei fu un sussurro tagliente:
«È la mia mamma… È lì dentro…»

Il fienile sembrava abbandonato da anni: vernice verde scrostata, assi inchiodate con fretta, catene robuste. Una prigione più che un rifugio. L’aria era immobile, ma il silenzio portava dentro un’urgenza che sapeva di sangue, polvere e segreti troppo vecchi.

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Quando sfondarono la porta, il tanfo di muffa li travolse, ma ciò che videro paralizzò il tempo:
una donna incatenata, ferita, emaciata, ancora viva — ma solo a metà.

Le catene intorno ai polsi erano state strette con crudeltà metodica. La sedia su cui era legata era avvolta da lenzuola sporche, come un altare profanato. Gli occhi della donna si aprirono appena. Una lacrima scese lungo la guancia livida.

Miller tolse il nastro adesivo dalla bocca con delicatezza. Lei ansimò, cercando di parlare.

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«Chi… chi vi ha detto…?»
«Tua figlia», rispose Ray, indicando la piccola, che li seguiva ora dall’ingresso.

La donna scosse la testa lentamente.

«Mia figlia… è morta… dodici anni fa.»

Il silenzio diventò improvvisamente assordante. Gli agenti si voltarono verso la bambina.

Era sparita.

Parte II: Il silenzio nel campo

Cercarono la bambina per ore. Squadre con torce, droni, termocamere. Niente. Nemmeno una traccia di passi nel fango. Solo il campo, e la nebbia che ricominciava a scendere. Come un sipario che chiudeva la scena.

La donna fu portata d’urgenza in ospedale. Una volta stabilizzata, raccontò la sua storia. Il suo nome era Elisa Morten, rapita nel 2011 da un uomo mai identificato. Tenuta prigioniera per oltre dieci anni, nel fienile.
Nessuno sapeva nulla. Nessuno l’aveva mai cercata davvero. Tranne, a quanto pare, quella bambina.

Miller, ossessionato, fece ricerche. Incrociò segnalazioni, archivi scolastici. Poi trovò qualcosa.

Nel 2010, una bambina di nome Anna Morten — figlia di Elisa — era morta in un incendio, proprio accanto a quel campo, proprio nel mese di novembre.

Aveva cinque anni.
Indossava pantofole, un maglione blu scuro e pantaloni neri.

Epilogo:

Un mese dopo, Elisa tornò sul luogo. Era ancora convalescente, ma insistette. Camminò lentamente fino al vecchio fienile. Miller la accompagnava. Si fermarono esattamente dove avevano trovato la bambina.

Elisa si inginocchiò.
Con mani tremanti, sfiorò il terreno.
E lì, proprio lì, trovò una margherita, appena sbocciata, in mezzo al gelo.

Una voce flebile sembrò muoversi tra i rami:
«L’ho portata a casa, mamma.»

“Il Fienile Verde” è la storia di un amore così forte da superare i confini tra il mondo dei vivi e quello dei morti. Di una bambina che, anche dall’aldilà, non ha smesso di cercare sua madre.

Fammi sapere se vuoi una versione più horror, sovrannaturale, o più investigativa!