Maria sorrise, imbarazzata. Pensò che fosse agitato, magari infastidito dalla folla o dal caldo.

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Il sole splendeva alto sopra la campagna toscana, dorando i filari di cipressi e facendo risplendere i fiori bianchi che decoravano l’altare.

Gli ospiti erano già seduti, voltati verso il sentiero dove la sposa stava per apparire. Tutti si aspettavano un momento perfetto, come in una di quelle fotografie da rivista. Ma nulla, quel giorno, sarebbe andato secondo copione.

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Maria apparve tra gli ulivi, radiosa nel suo abito color avorio, il viso illuminato da un’emozione che mescolava felicità e nostalgia.

Accanto a lei, passo dopo passo, camminava Rex, il suo pastore tedesco ormai anziano, ma ancora fiero. Da oltre dieci anni, lui era stato il suo compagno fedele: quando la madre era morta, quando aveva lasciato Roma per tornare al paese, quando aveva aperto da sola la piccola bottega di ceramiche. Lui c’era sempre stato.

Avevano deciso insieme, lei e Davide, che Rex avrebbe accompagnato Maria all’altare. Era simbolico. Era giusto.

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Ma a metà del viale, sotto gli occhi di tutti, Rex si fermò.

Si piantò davanti a lei con fermezza, e si appoggiò contro le sue gambe, tremando appena. Maria sorrise, imbarazzata. Pensò che fosse agitato, magari infastidito dalla folla o dal caldo.

Gli accarezzò la testa, provò a sussurrargli qualcosa. Ma Rex non si mosse. La guardava fisso, con uno sguardo troppo profondo per essere solo preoccupato.

Il padre di Maria fece un passo avanti, pronto a prenderlo per il collare, ma si fermò di colpo quando il cane emise un ringhio basso, quasi impercettibile.

Maria si accovacciò allora, incurante del vestito che si stropicciava sull’erba. Gli prese il muso tra le mani. «Rex… che succede, amore mio?»

Fu allora che lo vide tremare. Il respiro corto, la lingua appena penzolante, gli occhi lucidi.

«Mamma!» chiamò, la voce incrinata, «Qualcosa non va, vieni subito.»

Il tempo sembrò fermarsi.

Gli invitati tacevano. Solo il canto lontano di una cicala riempiva l’aria.

Maria si inginocchiò del tutto, lasciando che il vestito si aprisse come un’onda attorno a lei. Posò la fronte contro quella di Rex e sentì la sua pelle fredda, umida di paura. Il cane emise un gemito sommesso, e poi… si lasciò andare. Il corpo, che fino a un attimo prima si era sostenuto con l’orgoglio degli anni, ora pesava mollemente sulle sue ginocchia.

Il silenzio fu totale.

Davide si avvicinò piano, sconvolto, mentre Maria teneva Rex tra le braccia, gli occhi pieni di lacrime. «Non oggi… non adesso», mormorava, accarezzandogli il fianco. Ma in fondo al cuore lo sapeva: Rex aveva atteso quel giorno per vederla felice. Aveva lottato fino all’ultimo, e solo quando l’aveva vista avviarsi verso una nuova vita, aveva deciso che era pronto a lasciarla andare.

Il sacerdote si tolse lentamente la stola. Nessuno parlava. Nessuno si muoveva.

Davide si inginocchiò accanto a lei. «Maria, possiamo aspettare… possiamo rimandare, se vuoi.»

Ma lei scosse la testa. «No», disse con voce calma. «Rex mi ha accompagnata fino a qui. Ora io lo accompagnerò nel suo ultimo viaggio.»

Due giorni dopo, si sposarono nel boschetto dove avevano seppellito Rex, sotto il grande leccio che dominava la valle. Al posto del cuscino con le fedi, Maria portava una foto incorniciata: Rex, cucciolo, con le orecchie ancora troppo grandi e lo sguardo già pieno d’amore.

Quella non fu la cerimonia che avevano sognato. Fu molto di più.