Era notte inoltrata quando il treno merci attraversò lentamente la periferia industriale. Nella zona abbandonata della stazione Est, tra magazzini decadenti e rotaie dimenticate, un lamento spezzava il silenzio: un lungo ululato, rauco e straziante. I senzatetto che dormivano lì vicino lo chiamavano Ombra, il cane randagio che compariva e spariva come un fantasma, sempre silenzioso, tranne in quelle rare notti in cui qualcosa sembrava spezzargli l’anima.
Nessuno sapeva da dove venisse. Qualcuno diceva che appartenesse a un vecchio vigilante morto anni prima, altri giuravano che era nato tra le rovine, figlio del cemento e del vento.
Ma quella notte, qualcosa era diverso.
Il commissario Diana Leone era appena uscita dal commissariato quando ricevette una chiamata anonima: “Andate alla vecchia stazione Est. Prima che sia troppo tardi.” La voce era metallica, alterata. Diana, stanca dopo un turno di sedici ore, esitò. Ma poi si ricordò del vecchio detto di suo padre: “Ascolta chi ulula, spesso vede ciò che gli uomini ignorano.”
Quando arrivò sul posto, Ombra era lì, in piedi su un vagone arrugginito, il muso rivolto verso un container chiuso con una catena pesante. Ululava.
Diana scese dall’auto con prudenza. Il cane la vide, scese agile e si avvicinò lentamente, senza ringhiare, senza paura. Si sedette davanti a lei e abbassò il muso, come per guidarla.
Non c’erano luci, solo il riflesso opaco della luna tra le lamiere. Diana si avvicinò al container, la torcia tremava leggermente nella sua mano. Il lucchetto era nuovo, pesante, troppo recente per quel posto dimenticato.
Chiamò rinforzi. Ma non aspettò.
Con un piede di porco recuperato dal bagagliaio, forzò il lucchetto. Il suono della catena che cadeva fece sobbalzare il silenzio. Ombra guaì piano.
All’interno, l’odore fu la prima cosa a colpirla: sudore, disinfettante, paura.
C’erano quattro letti di fortuna, delle catene, e… un bambino. Aveva forse sei anni. Magro, tremante, con gli occhi spalancati. Alle sue spalle, tre ragazze — una incinta — rannicchiate contro il muro, paralizzate dal terrore.
Tratta di esseri umani.
Ombra si accucciò accanto al bambino, leccandogli la mano con delicatezza. Nessuno parlava. Solo il cuore di Diana martellava nelle orecchie. Era arrivata appena in tempo.
I giorni successivi furono un vortice di interrogatori, denunce, arresti. La banda fu sgominata. Tutto grazie a una soffiata… o a un ululato?
Ma Ombra non si fece più vedere. Nessuno riuscì mai ad avvicinarlo di nuovo. Sparì com’era arrivato, nell’ombra.
Diana tornò una settimana dopo, sola. Lasciò una ciotola d’acqua, un po’ di carne, e un biglietto:
“Hai salvato delle vite. Se sei ancora in giro, grazie.”
Il vento le rispose. E, lontano, appena udibile, si alzò un ululato.