Anni fa, Valentina e Mikhail lasciarono il loro paesino per trasferirsi in una città di provincia, spinti dal desiderio di una vita migliore. Si conobbero in ufficio, dove iniziarono a lavorare fianco a fianco. All’inizio, tra loro c’erano solo scambi formali e qualche pausa caffè condivisa, ma col tempo le chiacchiere si fecero più fitte, più profonde. Si scoprivano simili, complici.
Un invito al cinema da parte di Mikhail fu il primo passo verso qualcosa di più. Da quel momento, il legame si fece sempre più stretto, fino a quando lui le chiese di sposarlo. Dopo qualche mese, dissero “sì” davanti a un ufficiale di stato civile, inaugurando la loro nuova vita insieme.
Dopo le nozze, iniziarono a parlare di acquistare una casa. Stanchi degli affitti e dei proprietari lunatici, si misero alla ricerca di un appartamento. Non fu semplice, ma alla fine trovarono un bilocale adatto a loro e ottennero un mutuo.
La notizia dell’acquisto scatenò l’entusiasmo nella famiglia di Mikhail. Genitori, fratelli, sorelle: tutti felici, tutti impazienti di “fare visita”.
E le visite non si fecero attendere.
I primi furono i genitori di Mikhail, con la scusa di voler aiutare nell’arredamento. Rimasero una settimana, impartendo consigli e ordini.
“Qui ci starebbe bene una mensola. Là, delle tende chiare,” sentenziava la madre, camminando come se fosse a casa propria.
Valentina, educata, annuiva. Ma appena i suoceri partirono, arrivarono il fratello con moglie e figli, in città per motivi medici.
“Possiamo fermarci qualche giorno? In hotel costa troppo,” chiese il fratello.
I “qualche giorno” divennero sette. E appena lasciarono l’appartamento, arrivò la sorella di Mikhail per un’intensa settimana di shopping e turismo.
Valentina, da padrona di casa, si trasformò in cuoca, guida e cameriera. Era esausta.
Mikhail intuiva il disagio della moglie, ma faceva fatica a imporsi con la famiglia. Provava a dire che erano molto impegnati, ma nessuno lo ascoltava. E ogni volta che chiedeva a Valentina se fosse arrabbiata, lei mentiva con un sorriso stanco.
Le cose cambiarono quando Valentina rimase incinta. Mikhail cominciò a proteggere il suo tempo e il suo spazio. Ma la tregua durò poco: una settimana dopo il parto, i suoi genitori si presentarono alla porta per “conoscere la nipotina”. E con loro, altri parenti. Tutti con una scusa, tutti pronti a fermarsi.
Valentina non ce la faceva più.
“Misha, basta, ti prego,” sussurrò una sera.
“Ma vogliono solo vedere la bambina,” rispose lui, incapace di capire.
Gli scontri tra i due divennero frequenti. Le amiche di Valentina iniziarono a suggerirle soluzioni estreme, persino la separazione.
Ma Valentina non voleva mollare. Mikhail era un uomo presente, generoso, e non le aveva mai fatto mancare il suo sostegno. Solo… non sapeva dire di no.
Poi arrivò la goccia. Mikhail annunciò l’ennesima “riunione di famiglia” organizzata senza consultarli.
“Non cucinerò. Non preparerò niente. Chi vuole venire, venga. Ma io non sarò più la serva di nessuno,” disse lei con calma glaciale.
Il sabato arrivò. I parenti trovarono la casa silenziosa e una Valentina diversa: ferma, occupata con la bambina, indifferente alle richieste.
“Dov’è il pranzo?” chiese la suocera, perplessa.
“Non aspettavamo nessuno,” rispose Valentina, pacata.
“Ma avevamo deciso di venire!” protestò la donna.
“Avete deciso voi. Noi abbiamo altri piani.”
Lo sconcerto fu generale. Qualcuno propose di ordinare una pizza. Valentina rifiutò.
“Non è un ristorante qui. È casa mia. E le regole, da oggi, le faccio io.”
Le proteste esplosero, ma lei non vacillò.
“Siamo famiglia!” cercò di appellarsi la suocera.
“E io sono stanca di essere la cameriera della famiglia,” replicò Valentina, ferma.
Alla fine, i parenti se ne andarono indignati. Mikhail, confuso, guardò la moglie.
“Non è stato un po’ troppo?”
“No, Misha. Era l’unico modo per farci ascoltare.”
E infatti, da quel giorno, le visite calarono drasticamente. Solo la sorella tornò, mesi dopo, con discrezione e rispetto. E fu accolta. Perché Valentina non aveva mai chiesto di chiudere la porta: voleva solo che fosse chiaro chi aveva in mano le chiavi.