Per ventisette anni ho vissuto con un uomo che confondeva l’amore con il debito.
Mi ricordava ogni favore, ogni bolletta pagata, ogni regalo fatto — come un contabile dell’anima.
Diceva cose come:
— Se oggi sei qui, lo devi a me.
— Nessun altro ti avrebbe voluta.
— Fai la brava, che fuori non ti aspetta nessuno.
Io facevo la brava. Per nostro figlio.
Ma quando lui è partito per l’università, a mille chilometri da noi, qualcosa si è spezzato.
La casa, senza la sua voce, era troppo silenziosa. E nel silenzio ho sentito la mia voce, quella che avevo seppellito.
Quella voce diceva:
Vai.
Parte 2 – La proposta
Una sera, mentre mio marito guardava il telegiornale, gli ho detto:
— Sto pensando di trasferirmi all’estero.
— Come? — ha detto senza nemmeno voltarsi.
— Ho trovato un lavoro a Lione. Mi hanno accettata. È una scuola di lingue. Parto a fine mese.
Lui ha posato il telecomando, lentamente, come nei film prima di una rissa.
Si è girato, e mi ha guardata come si guarda un cane che abbaia all’improvviso.
— Se te ne vai, chiedo il divorzio.
L’aspettava come un colpo finale. Un modo per mettermi in ginocchio.
Ma io ho solo sorriso.
Per la prima volta, non era un sorriso di paura o di rassegnazione. Era un sorriso nuovo.
— Sì — ho detto. — È proprio quello che voglio.
Parte 3 – Il biglietto sotto la tazza
Non ho urlato, non ho pianto.
Mi sono mossa come un’orchestra silenziosa: ho venduto i libri che non mi servivano, chiuso il conto in banca, parlato con un’avvocata che non aveva paura degli uomini col tono duro.
Ho prenotato il biglietto. E il giorno prima della partenza, ho lasciato tutto pulito: la casa in ordine, le piante innaffiate, la chiave nella solita ciotola.
E sotto la tazza in cui lui beveva sempre il caffè, ho lasciato un biglietto:
“Non ti devo nulla.
Ti lascio tutto ciò che pensavi mi teneva legata: il tavolo, il letto, le pareti.
Ma la mia libertà… quella me la porto via.”
Parte 4 – Rinascita
Oggi vivo in una mansarda piccola ma luminosa. Insegno francese a bambini con accenti bellissimi.
La sera cucino per me sola, con musica jazz in sottofondo.
Non c’è nessuno che mi dice cosa valgo, ma ogni giorno imparo a riconoscere da sola il mio valore.
Mio figlio mi ha scritto, dopo aver letto il mio biglietto:
“Mamma, ora finalmente ti vedo. E sei splendida.”