Parte 1 – L’insulto travestito da gioco
Timur Azizov era il classico uomo che credeva che l’arroganza fosse una forma d’intelligenza.
Aveva costruito la sua fortuna vendendo acciaio e comprando applausi. Ogni sua uscita era studiata, ogni parola pensata per colpire. Non amava nessuno davvero – amava l’effetto che provocava.
Alla festa annuale di villa Golitsyn, si superò.
Davanti a industriali, celebrità e parassiti sociali, alzò il bicchiere e disse:
— Voglio dimostrare che persino la donna più trascurata può essere trasformata in una regina… con me al suo fianco.
Qualcuno rise, qualcuno tossì per l’imbarazzo.
Il nome che fece cadere subito dopo, come una sentenza, fu: Leyla Samirova.
Nessuno la prendeva in giro apertamente, ma tutti sapevano chi era: troppo formosa, troppo silenziosa, troppo gentile per appartenere a quel mondo. Cantava nei reparti pediatrici dell’ospedale, preparava torte per i funerali e leggeva poesie a voce alta nei giardini pubblici. La gente le voleva bene, ma a distanza.
Quando Timur, pochi giorni dopo, si presentò al suo uscio con un anello e parole da favola, Leyla esitò. Ma poi… pensò.
E se fosse vero? Se anche un cuore gonfio di vanità potesse cambiare?
E accettò.
Parte 2 – Il matrimonio e la danza
Villa Dorée, una tenuta tra le colline, fu addobbata con migliaia di orchidee bianche. Le telecamere documentavano ogni sorriso plastico.
Leyla camminava tra gli invitati come una creatura fuori posto ma sorprendentemente luminosa.
Nessuno si aspettava nulla da lei. E questo era un vantaggio.
Quando arrivò il momento del ballo degli sposi, Leyla prese il microfono.
— Questa sera vi offro qualcosa di mio. Non per mostrarvi cosa posso fare… ma chi sono.
Si tolse il mantello e restò in un abito ispirato alla danza persiana – fluido, pieno d’oro e di rossi profondi. Poi danzò. Non come una professionista. Ma come una donna che aveva imparato a vivere in un corpo che tutti volevano nascondere.
Ogni passo era un “non ho paura di voi”.
Ogni sguardo, un “io non ho bisogno di approvazione”.
Alla fine, la sala era in silenzio. Timur la guardava come si guarda un incendio da lontano: ipnotizzato, confuso, impaurito.
Parte 3 – Le crepe e il miele
La vita con Leyla non fu semplice.
Lei rideva quando lui si lamentava, e taceva quando lui cercava un applauso. Non si prestava ai suoi giochi. Non amava le cene mondane. Amava le cose lente: la pasta fatta a mano, i libri di carta, gli amici veri.
Timur, per la prima volta, non era l’uomo dominante. Era un uomo… che imparava.
Quando perse la sua ricchezza per colpa di un affare sporco, restò solo per un giorno. Gli amici sparirono, gli inviti si ridussero a zero. Solo Leyla era lì.
— Ora che non c’è più rumore — gli disse una sera — possiamo finalmente parlare.
Lui cercò di chiederle scusa, di dirle che lei aveva ragione fin dall’inizio. Ma lei lo fermò:
— Non sono qui per sentirmi dire che avevo ragione. Sono qui per vedere se riesci a ricominciare. Senza travestirti da re.
Parte 4 – Il risveglio
Timur aprì un piccolo centro di riparazione per strumenti musicali, con i risparmi rimasti.
Leyla tornò a insegnare canto ai bambini.
Le loro giornate erano fatte di panini condivisi, di silenzi comodi e di battaglie piccole.
E un giorno, mentre Leyla cuciva un costume per un saggio di danza infantile, Timur si sedette accanto a lei e le disse piano:
— Quando ti ho scelto, volevo vincere una scommessa. Ma la vera vincita sei stata tu.
E io… sono stato scelto.
Leyla non rispose.
Sorrise.
Poi danzò di nuovo, solo per lui.
E questa volta, fu davvero amore.