Claudia aveva 53 anni quando partorì due gemelli, contrariamente a ogni previsione medica. La notizia fece il giro del paese: “Miracolo!”, titolavano i giornali locali. “Una seconda maternità oltre ogni aspettativa!”.
Ma dentro le mura della villetta dove viveva con la figlia Giulia e il genero Davide, l’atmosfera era più cupa che festosa.
Claudia non aveva mai parlato del padre biologico di Giulia. Aveva cresciuto sua figlia da sola, senza mai menzionare quell’uomo che era scomparso nel nulla prima ancora che sapesse della gravidanza.
Quella maternità tardiva, avvenuta dopo un trattamento ormonale per un problema ginecologico, fu un evento sorprendente anche per i medici: non c’era alcuna fecondazione assistita, nessun embrione donato. Solo un “mistero biologico”, come lo definì il primario.
Quando Claudia uscì dall’ospedale con i gemelli – due maschietti dai tratti marcati e inquietanti occhi grigi – Davide, il genero, fu il primo a notare qualcosa.
Stava cambiando il pannolino a uno dei neonati quando vide il piccolo neo a forma di mezzaluna sul fianco. Trasalì. Era identico al neo che aveva anche sua moglie, Giulia. Ma non era solo quello.
L’altro gemello ne aveva uno uguale, nello stesso punto. E, sotto la pianta del piede sinistro, entrambi avevano una piccola macchia color caffè, identica a quella che aveva il defunto padre di Davide, un uomo che non aveva mai conosciuto Claudia.
Fu allora che iniziò a indagare.
Nel giro di pochi giorni, Davide tirò fuori vecchie foto di famiglia, cartelle cliniche, e parlò con la madre di Giulia, che da tempo viveva in una casa di riposo e che sembrava sempre confusa… tranne quando le fece vedere i bambini.
«Sono tornati,» sussurrò.
«Chi? Chi è tornato?» incalzò Davide.
La donna sorrise, malinconica: «Tuo padre. E tua zia. È il sangue che chiama. Non muore mai.»
Il cuore di Davide cominciò a battere all’impazzata. “Tua zia”? Cosa c’entrava sua zia paterna, morta da bambina, in un incendio?
Iniziò a notare piccole cose. I bambini fissavano angoli vuoti della stanza come se vedessero qualcuno. Una sera, uno dei due, che a malapena sapeva emettere suoni, bisbigliò: «Brucia.»
Non fu un suono da bambino. Era una voce roca, adulta. Antica.
Giulia non capiva cosa stesse succedendo. Davide, invece, cominciava a temere una verità impossibile.
Fece fare un test genetico clandestinamente. Non per verificare la maternità, ma le linee genealogiche.
Il risultato lo lasciò muto: i bambini condividevano il DNA con la sua famiglia. Con suo padre. Con la zia morta. E con… lui stesso.
I bambini non erano solo figli di Claudia.
Erano ritorni.
Qualcosa aveva aperto una porta. E dal ventre della donna erano usciti due spiriti antichi, reincarnati in carne nuova.
Il mistero della fecondazione spontanea era solo l’inizio.
Ora Davide vive con due bambini che crescono troppo in fretta. Che parlano nel sonno lingue che nessuno ha insegnato. Che lo fissano come se sapessero tutto di lui.