— «Ridammi tutto ciò che ti ho regalato!» sbottò Serguèi, facendo irruzione nella stanza con tono veemente.
Katia, sorpresa, si alzò di scatto dalla vecchia poltrona mentre il suo volto tradiva una lieve stanchezza, residue della corsa mattutina in leggings e felpa leggera.
Con le braccia incrociate e uno sguardo cupo che non lasciava spazio a dubbi, Serguèi replicò con voce carica di rabbia:
«Te l’avevo detto: voglio indietro tutto ciò che ti ho donato. Non te lo meriti.»
Incredula, Katia rimase impietrita. Solo pochi mesi prima, la loro coppia appariva come un esempio di perfezione agli occhi di tutti. La loro relazione era nata due anni fa, in un piccolo bar dove lei si era fermata dopo le lezioni universitarie. Studiava lettere al terzo anno, coltivava il sogno di diventare scrittrice e stava iniziando a scrivere i suoi primi racconti. Lui, Serguèi, impiegato informatico in un’importante azienda, con un orologio di lusso al polso e un’aura di sicurezza magnetica che aveva subito attirato Katia.
«Strano che non ci fossimo mai incrociati prima» le disse sorridendo quella sera, mentre versava il sidro nei bicchieri.
«Vengo poco qui, è stata un’amica a portarmi… ma è già andata via», rispose Katia.
La conversazione si spostò rapidamente dai libri alle ultime notizie politiche. La sua attenzione e quella pacata forza emanata da Serguèi la conquistarono, facendola sentire attratta e al contempo intimorita. Iniziarono a frequentarsi, senza piani definiti: lui manifestava stanchezza per relazioni senza futuro, lei si limitava a godersi la loro intesa senza pretese. Lui la invitava a caffè, le regalava piccoli pensieri — una maglietta con citazioni tratte dai suoi autori preferiti, una preziosa raccolta di poesie di Cvetaeva. Katia si sentiva finalmente compresa.
Serguèi, sicuro e più maturo, ripeteva spesso che doveva «prendersi cura di lei». All’inizio quella premura le sembrava dolce: pagava il taxi, comprava abiti «a suo gusto». Si abituò senza pensare che un giorno avrebbe chiesto indietro quei regali.
Era passato appena un mese dalla loro definitiva separazione. Katia credeva che il distacco fosse avvenuto in modo civile: Serguèi aveva recuperato le sue cose, lasciando stoviglie e oggetti presi in prestito; mai però aveva menzionato la restituzione dei doni.
Eppure eccolo lì, davanti a lei, con occhi fissi e la voce ferma a chiedere: «Voglio indietro tutti quei regali!»
«Serguèi, calmiamoci» provò a ragionare Katia. «A cosa ti riferisci esattamente? Sei stato tu a darmeli…»
Con orgoglio sollevò il mento:
«Certo, li ho dati io. Pensavo fosse per sempre. Ma so che hai già altri appuntamenti!»
Katia non poteva credere a ciò che sentiva:
«Appuntamenti? Da chi l’hai sentito? E comunque, non siamo più insieme. Posso rifare la mia vita.»
«Ovviamente,» replicò sarcastico, «se hai già trovato un altro così presto, voglio indietro il nostro orologio d’anniversario, il portatile che ti ho comprato… ti ricordi quel vestito italiano? E…»
«Aspetta un attimo,» lo interruppe decisiva Katia, «vuoi davvero che ti restituisca tutto solo perché ci siamo lasciati?»
Lui annuì freddamente:
«Sì. Ormai non te lo meriti più. Se vuoi ripartire da zero, i miei regali devono tornare a me.»
Guardò fuori dalla finestra trattenendo a stento una risata per l’assurdità della situazione. Nonostante sapesse di non essere legalmente obbligata, davanti a lei c’era un perfetto sconosciuto dall’ego ferito e possessivo.
«Consideri i tuoi doni come investimenti? E vuoi recuperarli tutti?» domandò con voce tranquilla ma intrisa di emozione.
«Non l’ho detto in quei termini,» replicò lui, «ma se ti vanti del nuovo inizio, perché conservare ancora i miei oggetti? Chissà se un tuo nuovo pretendente te li ricomprerà.»
Il viso di Katia si tinse di rabbia: aveva capito che la sua unica intenzione era umiliarla e caricarla di sensi di colpa.
«Progettare di recuperare i miei regali… davvero interessante,» commentò.
Con noncuranza Serguèi fece spallucce:
«Prendi quello che vuoi, ma io voglio riprendermi ciò che è mio.»
Katia fece un giro per la stanza, ricordando gli ultimi giorni trascorsi insieme. Tutto era precipitato dopo che lei aveva annunciato un viaggio al mare con le amiche. «E noi due?» si era lamentato lui. Da quel momento la tensione aveva montato, spostando le colpe su di lei e i suoi spostamenti e su di lui e il desiderio di controllo.
La rottura fu brusca. Avevano accettato di restare amici, ma la realtà si era rivelata molto diversa.
Tornando a fissarlo negli occhi, Katia lo ascoltò nervosamente chiederle:
«Mi restituirai tutto o dovrò rovistare in casa tua?»
Con fermezza rispose:
«Non serve, me ne occupo io.»
Entrò in camera, accese la luce e guardò i regali: l’orologio nella sua scatola, il computer portatile sulla scrivania, il vestito nell’armadio, il bracciale nella confezione… Senza dimenticare le sneakers, la borsa e tanti altri regali. «Giusto,» pensò.
Rimettendo ogni oggetto in un sacchetto di carta, provò una sensazione ambivalente: il rancore mescolato a un senso di liberazione. «Prendili tutti, questi ricordi… Posso farne a meno.»
Quando tornò con il sacchetto in mano, Serguèi fece un commento critico:
«È tutto quello che ci hai messo?»
«Per adesso,» rispose lei. «Chissà se proverai a riprendere anche le penne o i cioccolatini…»
Lui frugò nel sacco con attenzione: il vestito, la borsa, il bracciale e poi il portatile, riposto con cura nella custodia.
«Ti ricordo che è mio,» disse.
Lei fece un cenno di assenso, impassibile. Quando prese in mano l’orologio inciso con la dedica “Alla mia cara Katia – per sempre”, un lampo di nostalgia attraversò brevemente il suo sguardo, sostituito subito dopo dal disprezzo.
«Adesso non serve più a niente,» commentò.
«Pensavo fosse un regalo…» mormorò Katia.
Un’ironica contraddizione aleggiava nella stanza: ciò che un tempo era simbolo di intimità ormai diveniva un peso.
Nel fondo del sacco trovò infine il braccialetto di corda donato all’inizio della loro storia, quel ricordo che lui credeva perso. Glielo lanciò quasi sconsolata:
«Ecco.»
Serguèi, sorpreso, sollevò un sopracciglio prima di afferrarlo.
In quel momento squillò il citofono: fu la sua migliore amica Oksana, con delle borse della spesa per preparare una pizza e guardare una serie. Vedendo Serguèi con il sacco, esclamò:
«Ciao! Che succede?»
«Il mio ex pretende i suoi regali,» spiegò Katia, tra divertita e irritata.
«Sul serio? Non esageri?» rise Oksana.
Serguèi intervenne con un brusco «Non intrometterti!» che fece arrossire Oksana.
Con un sorriso furbo Katia chiese:
«Ti viene in mente qualcos’altro da riprendere, Oksana? I peluche, magari?»
Le due cercarono e tirarono fuori due orsacchiotti che Katia aveva dimenticato da mesi.
- Doni
- Vestiti
- Accessori
- Oggetti personali
«Ecco, soddisfatto?» scherzò Katia.
«Non capisco cosa vuoi ottenere,» mormorò Serguèi.
«Chiudere questo capitolo. Grazie per i regali, ma riparto da me.»
La conversazione si spense e Katia si sentì alleggerita, finalmente libera da quei legami e da una relazione tossica.
A pochi giorni di distanza ricevette una telefonata da Marina Petrovna, la madre di Serguèi, che aveva sempre stimato. Lei comunicò che Serguèi le aveva affidato un sacco con i regali per farsene carico. Marina si scusò con Katia e si offrì di aiutarla.
Katia rispose con gratitudine:
«Grazie, signora Petrovna. Ho già restituito tutto. Ora voglio voltare pagina.»
Nei giorni successivi la sua agenda si riempì di impegni: inviti per organizzare una serata poetica all’università, nuovi progetti letterari. Ogni esperienza risvegliava la sua creatività e rafforzava la sua indipendenza.
Una mattina ricevette un pacco imprevisto: il portatile tornò nella confezione originale con un biglietto scritto da Serguèi:
«Tienilo, non lo voglio più. Usa come preferisci.»
Sorpresa, Katia comprese che finalmente lui aveva rinunciato alla sua richiesta di restituzione.
Accettando quel dono come uno strumento di lavoro, lo integrò nei suoi progetti senza più legami emotivi. Il tempo passò: si acquistò nuove scarpe, si iscrisse a un corso di revisione letteraria e organizzò numerosi eventi culturali. I suoi primi guadagni, seppur modesti, le garantirono emancipazione.
Una sera consegnò l’ultimo sacchetto con i ricordi — il braccialetto di corda, semplice e discreto. Lo ripose in una scatola e continuò a riordinare i suoi libri, riaffermando la scelta di lasciare il passato dove deve restare.
Ora, se qualcuno le dicesse «Ridammi tutto ciò che ti ho dato», Katia saprebbe rispondere con sicurezza: non sono gli oggetti a definire chi sei, ma la persona libera, forte e determinata che è diventata, pronta a scrivere la propria storia.