Quando si parlava di lui da bambino, nei vicoli di Blevin Street, tutti sorridevano con una punta di tenerezza e imbarazzo. Elijah Turner era uno di quei bambini che sembrava essere nato con una collezione di sfortune estetiche: orecchie a sventola, occhiali troppo grandi per il viso, denti sporgenti e una massa indomabile di capelli rossi che sembravano un’esplosione permanente.
A scuola, lo chiamavano “il radar” per via delle orecchie. Alcuni ridevano alle sue spalle, altri in faccia. Ma Elijah… non rispondeva mai. Al massimo, annotava ogni frase nel suo taccuino, come se stesse studiando un copione che un giorno avrebbe riscritto a modo suo.
Crescendo, nessuno si accorse del cambiamento. Elijah non ebbe l’adolescenza da film, con la rimozione improvvisa degli occhiali e la comparsa del fascino. No. Il suo divenne un mutamento lento, costante e silenzioso. Si appassionò alla fotografia, cominciò a fare jogging alle 6 del mattino, lesse tutto ciò che poteva sull’arte, la postura, la comunicazione. E mentre il mondo continuava a ignorarlo, lui diventava qualcun altro.
A ventitré anni, fu notato da un fotografo durante una mostra d’arte in una piccola galleria di New York. «Hai un volto che racconta storie», gli disse. Da lì, fu un’escalation: servizi fotografici, campagne di moda, poi film indipendenti. Ma non erano solo i lineamenti migliorati, o il corpo scolpito a fare la differenza. Era lo sguardo. Uno sguardo che non si poteva insegnare: pieno di profondità, ironia, compassione.
A trent’anni, Elijah Turner venne eletto “Uomo più bello del mondo” da una delle riviste più influenti del pianeta. Ma ciò che fece notizia non fu tanto la sua bellezza quanto le sue foto da bambino, rese pubbliche con il suo permesso.
La gente non riusciva a credere fosse la stessa persona.
«Non ho mai pensato di essere brutto», disse in un’intervista. «Ma sapevo che il mondo mi vedeva così. E invece di combatterlo, ho imparato a trasformare ogni insulto in un mattone. Oggi vivo in una casa costruita con le parole che un tempo mi ferivano.»