Il mio futuro sembrava perfetto, poi arrivò una sconosciuta con un biglietto

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Stavo per sposare l’uomo dei miei sogni, finché una sconosciuta non mi fermò e mi disse: “Non è chi credi che sia.”

Non è una frase che si dimentica facilmente.
Non è una frase che vuoi sentire a due giorni dal matrimonio.
Eppure era lì, piantata nella mia testa come una spina che non riesci a togliere.

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Il GPS mi portò in una zona industriale semi-abbandonata, piena di magazzini arrugginiti e asfalto crepato. L’indirizzo indicava un edificio basso, grigio, senza insegna. Solo un numero sbiadito sulla porta: 47.
Mi avvicinai lentamente, il cuore tamburellava nel petto. Bussai. Nessuna risposta.

Provai ad aprire. Era aperto.

Dentro c’era silenzio, odore di carta vecchia e metallo. Una stanza spoglia, eccetto per una scrivania e una parete coperta di fotografie. Mi avvicinai.

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E vidi lui.

Jonathan. Ma non da solo.

Jonathan con altre donne. Jonathan in giacca militare, abbracciato a una ragazza asiatica. Jonathan — o chiunque fosse — con bambini. In una foto era biondo. In un’altra, con barba. Cambiava sempre qualcosa. Ma il sorriso era sempre lo stesso.
Quel sorriso che conoscevo così bene.

Il panico montò dentro di me. Mi voltai di scatto quando sentii un rumore: una porta secondaria che si apriva.

Era la donna del giorno prima.
— Sapevo che saresti venuta, — disse.
— Che… che cos’è tutto questo?

Lei si avvicinò alla parete.
— Questo — indicò le foto — è l’uomo che stai per sposare. Ma non si chiama Jonathan. Non si è mai chiamato così.
— Non ti credo.
— Lo so. Nessuna ci crede, all’inizio.

Poi mi raccontò. Del suo matrimonio, anni prima. Della loro luna di miele in Marocco, dove lui scomparve. Dei conti svuotati. Delle altre donne che aveva scoperto a fatica. Alcune lo avevano denunciato, altre erano sparite. Lei era sopravvissuta per caso.
Da allora, aveva cominciato a cercarlo. A seguirne le tracce, una falsa identità dopo l’altra.

— È un artista della reinvenzione. Cambia città, accento, storie. Ama essere amato, finché non ha preso tutto ciò che può.

Uscii da lì tremando, barcollando come se avessi bevuto troppo.
Jonathan era a casa quando tornai, seduto sul divano, in abiti comodi, con il suo solito sorriso.
— Come sono andate le commissioni?
Lo guardai negli occhi.
E per la prima volta, vidi lo sconosciuto dietro la maschera.

Non dissi nulla. Solo:
— Ho cambiato idea. Il matrimonio è annullato.

Non aspettò neanche una spiegazione. Non pianse, non si arrabbiò. Si alzò, andò in camera e in meno di mezz’ora era sparito, lasciando dietro di sé solo il suo profumo e il mio cuore spezzato.

Il giorno che doveva essere il mio matrimonio, andai al mare.
Mi sedetti sulla sabbia, con un caffè in mano, e pensai a tutto quello che poteva essere.
E a tutto ciò che, per fortuna, non era stato.