Vivo in una casa di riposo da quattro anni. In tutto questo tempo, ho contato sulle dita di una mano le volte in cui i miei tre figli, i miei sette nipoti e persino i tre pronipoti si sono degnati di venirmi a trovare.
Una telefonata ogni tanto, giusto per chiedere “come stai” mentre sentivo il clic del telecomando in sottofondo. Ma quando il mio medico ha usato, anche solo per sbaglio, la parola “peggioramento”… oh, che miracolo! Sono comparsi tutti. Con fiori, sorrisi forzati e biscotti senza zucchero.
— “Nonna, dobbiamo assicurarci che tu sia a tuo agio in ogni momento,” diceva mia nipote Martina con voce zuccherosa.
— “Stai tranquilla, mamma. Tutto il necessario sarà pronto. Anche… ehm… dopo,” mormorava mio figlio Giuliano, tentando di sembrare premuroso mentre sussurrava qualcosa alla sorella sull’eredità.
Fingevo di non capire, ma sentivo tutto. Inclusa la conversazione tra mia figlia più grande e il cugino avvocato, dove scherzava:
— “Abbiamo già prenotato un posto al cimitero vicino al tiglio, quello con vista. E una lapide sobria, elegante. Niente angioletti.”
— “Ah! Spero solo che ci lasci il conto corrente prima di partire…”
Ridevano. Ridevano pensando che io fossi già mezza sotto terra. Ma si erano dimenticati una cosa fondamentale: sono più di una vecchia gentile.
Per loro ero diventata trasparente, una carta da giocare nel mazzo delle eredità. Peccato che non sapessero due cose:
La mia salute è migliorata. A dispetto dei pronostici.
Avevo un piano. E un testamento riscritto da poco.
Li ho convocati nella mia stanza il giorno del mio compleanno. Tutti presenti, perfino quelli che si erano “persi” il mio ottantesimo.
Sorrisi, abbracci falsi, un mucchio di regali inutili. Io, seduta con il mio cardigan rosso e un’espressione serena.
— “Ho una sorpresa per voi,” dissi, estraendo una busta sigillata dal cassetto.
Gli occhi si illuminarono. Potevano già sentire il fruscio delle banconote.
— “Questo è il mio testamento aggiornato. Volete sapere a chi va tutto?”
Annuii. Feci una pausa. E poi aggiunsi:
— “Alla signora Teresa, quella dell’ufficio infermieria. Sa? Lei mi portava i libri quando nessuno si ricordava che sapevo leggere. Al signor Franco del giardino, che mi accompagna al sole ogni mattina. E al piccolo Ivan, il figlio della cuoca, che mi disegna sempre i gatti.”
I volti si fecero di pietra.
— “Voi, miei cari… non preoccupatevi. Vi lascio un ricordo speciale.”
Aprii una seconda busta. Dentro c’erano… copie delle foto delle lapidi che avevano scelto per me.
Con il biglietto: “Già che vi piaceva tanto organizzarle, magari vi torneranno utili. Per voi.”
Mi alzai con fatica, presi il bastone, e aggiunsi:
— “Ah, dimenticavo. Ho disdetto il posto al cimitero. Andrò a fare il viaggio in Egitto che ho sempre sognato. Magari mi faccio mummificare, così mi troveranno tra tremila anni… con il mio conto ancora pieno.”
Post scriptum: Nessuno ha più chiesto dell’eredità. E io? Ho imparato che la vecchiaia è un’arma, se sai come usarla. E che a volte, una signora di ottantasette anni con un vestito lilla e un buon avvocato può avere l’ultima, perfetta risata.