«Alenka, tesoro, perché non vai un po’ in giardino con Jack? Io esco per una commissione veloce,» disse Irina con voce affettuosa alla figlia di cinque anni.
«Dove vai, mamma?» chiese la bambina, incuriosita.
«Devo vedere una vecchia conoscente. Ma è un segreto, d’accordo?» aggiunse Irina, strizzando l’occhio con complicità.
La bambina annuì molto seria, stringendo le labbra. Irina le accarezzò la testa sorridendo, poi uscì.
Restò via poco più di un’ora. Alenka giocò felice con il cagnolino nel cortile. Quando il papà, Mikhail, tornò dal lavoro, la bambina mantenne la promessa fatta alla madre: non disse nulla.
Per i quindici giorni successivi, Irina uscì sempre nello stesso orario, quando il marito era impegnato, lasciando Alenka nel giardino recintato della loro casa alla periferia.
Era certa che la piccola non potesse allontanarsi, ma sottovalutava l’ingegno della figlia. Alenka, infatti, aveva scoperto come aprire il chiavistello del cancelletto.
La curiosità crebbe giorno dopo giorno, finché un pomeriggio decise di seguirla. Aspettò che la madre si allontanasse, poi la tallonò in silenzio.
Irina camminava con passo tranquillo, ignara. Dopo una decina di minuti, giunta davanti a una casetta di legno, si voltò e…
«Alenka?! Ma che ci fai qui?» esclamò sorpresa.
«Ti ho seguita. Chi abita in questa casa?»
Irina rimase un momento in silenzio, poi rispose: «Un amico. Vuoi conoscerlo?»
«Sì!» disse la bambina, entusiasta.
«Bene, ma deve rimanere un nostro segreto.»
«Promesso!»
Entrarono insieme. Restarono lì meno di un’ora, poi rientrarono a casa.
Da quel giorno, Alenka accompagnò regolarmente la madre in quelle visite segrete. L’estate passò, arrivò l’autunno, ma la bambina non disse una parola a nessuno.
Solo la notte di Capodanno, durante la cena con i nonni paterni, la bimba ruppe il silenzio:
«Mamma, perché lo zio di quella casa non è venuto a festeggiare con noi?»
La tavola si ammutolì. Irina sbiancò.
«Tesoro, quale zio?» chiese fingendo calma. «Forse parli di zio Ivan?»
«No! Quello che abita nella casa vecchia. Dove andiamo quando papà non c’è!»
Mikhail si irrigidì. I genitori di lui si scambiarono sguardi imbarazzati.
«Cara, stai facendo confusione,» cercò di correggerla Irina.
«No che non confondo!» replicò Alenka con voce offesa. «È vero, papà! Se vuoi, ti ci porto!»
Mikhail si alzò. Guardò la moglie con freddezza e disse: «Andiamo.»
Irina cercò di fermarlo, ma ormai era troppo tardi.
Mezz’ora dopo erano tutti davanti alla casetta. Irina bussò piano.
«Chi è?» si udì una voce roca.
«Sono io, papà. Ma non sono sola.»
La porta si aprì. Un uomo anziano, con il volto scavato e le braccia tatuate, li guardò sorpreso.
Irina si voltò verso la famiglia: «Lui è mio padre, Viktor Andrejevič. Non è morto, come vi avevo detto. Ha avuto una vita difficile, è stato in carcere. Mi ha ritrovata quest’estate.»
Seguì un silenzio pesante, poi Mikhail fece un passo avanti.
«Venga con noi, signor Viktor. È la vigilia di Capodanno.»
Quella notte, per la prima volta in tanti anni, Irina non si sentì più in colpa. E da quel momento, suo padre divenne parte della famiglia.