Non è il luogo in cui atterri che segna un nuovo inizio, ma le presenze che scegli di portarti nel cuore.

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Rimasi immobile accanto al finestrino, osservando le luci del tramonto riflettersi sull’ala dell’aereo. Il motore borbottava sommessamente, un sottofondo perfetto per il rumore dei miei pensieri. Mentre l’imbarco sembrava ormai concluso, una figura attirò la mia attenzione: una donna attraversava il corridoio, stringendo un piccolo cane come se fosse un tesoro fragile.

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I suoi capelli, scuri e mossi, incorniciavano un volto acceso da un sorriso sincero, di quelli che non si usano per educazione, ma che esplodono quando si è sopravvissuti a qualcosa. Portava uno zaino sformato e l’aria di chi ha attraversato mari invisibili per essere lì.

Si sistemò nel posto accanto al mio. Il cane – un batuffolo grigio con macchie bianche e occhi curiosi – si acquattò tra le sue braccia, come se solo lì trovasse pace. Le lanciai uno sguardo gentile, e lei, senza esitare, mi sorrise di nuovo.

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«Si chiama Lumo», disse, accarezzandogli la testa con un gesto lento, quasi rituale. «È la mia casa, ovunque andiamo.»

Non fu una conversazione leggera. Quelle parole tra noi avevano il peso di chi ha deciso di voltare pagina per davvero. Mi raccontò della sua fuga: una città stretta e rumorosa, un lavoro che la svuotava, relazioni che evaporavano appena voltava le spalle. Ora, un salto nel buio: una nuova nazione, una nuova lingua, una nuova identità. Ma senza Lumo, niente di tutto questo avrebbe avuto senso.

«Ho lottato mesi per portarlo con me. Documenti, visite veterinarie, norme su norme. Alcuni mi dicevano che sarebbe stato più semplice lasciarlo. Ma io non cerco una vita semplice. Cerco una vita vera.»

Le parole mi colpirono. C’era una fermezza in lei che non aveva bisogno di alzare la voce. Parlava con la calma di chi ha scelto, senza compromessi.

Guardò fuori, verso l’orizzonte che si spegneva oltre il finestrino. «Non importa dove atterreremo. Se lui è con me, allora ho già un punto d’arrivo.»

Lumo si raggomitolò tra le sue braccia e chiuse gli occhi, come se avesse compreso ogni parola. Forse l’aveva fatto davvero. Certe connessioni non hanno bisogno di essere spiegate: si sentono nell’aria, come una nota che vibra sotto la pelle.

Quando l’aereo si sollevò da terra, e il mondo rimase piccolo sotto di noi, pensai che il vero inizio non è mai un luogo. È una scelta. E a volte, tutto ciò che serve è qualcuno da portare con sé nel cielo.

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