Quando Aldo vide Giulia, il cuore gli fece uno scatto. Non era preparato. Un’ondata di amarezza gli salì alla gola e, come per sfogare l’irritazione, richiuse con troppa forza lo sportello del frigorifero. Le bottiglie tintinnarono, un magnete cadde con un piccolo “clack” sul pavimento.
Giulia era lì, davanti a lui, immobile. Le mani serrate, il viso pallido.
— Ti senti meglio, adesso? — chiese con tono calmo, ma duro.
— Sono stanco, — disse lui, cercando un equilibrio tra rabbia e disillusione. — Non c’è più niente in questa vita. Niente che abbia senso.
— E ovviamente la colpa è mia, vero? — replicò lei, con un sorriso amaro. — Perché la realtà non ha mai superato i tuoi sogni.
Aldo si morse la lingua, fece un gesto vago con la mano. Aprì una bottiglia d’acqua e bevve un sorso, senza guardarla.
— Vuoi almeno dire cosa non va? — chiese Giulia, tremando. — Parla, per una volta.
Lui fece spallucce.
— Che dovrei dire? Sono solo stufo. Stufo di tutto.
Silenzio. Poi lei si voltò e sparì nel bagno. Subito dopo, il rumore dell’acqua che scorreva. Cercava di nascondere i singhiozzi. Ma lui non fece nulla. Rimase lì, sul divano, un uomo svuotato.
La fine che non arriva mai tutta insieme
Si erano sposati tre anni prima. All’inizio vivevano nel piccolo appartamento di lei, poi si erano trasferiti in campagna. La casa era grande, ma trascurata, piena di mobili fuori moda e tappeti scoloriti.
All’inizio, Aldo era contento. Era vicino al lavoro, la città era a portata di mano. Ma presto tutto cominciò a sembrargli stantio.
— Giulia, non ti viene voglia di cambiare qualcosa? — diceva spesso. — Questo linoleum è un insulto alla vista.
— Vorrei anch’io, ma per ora non possiamo permettercelo, — rispondeva lei con pazienza.
Ma per lui, “aspettare” era diventato sinonimo di rassegnazione.
Ricordava ancora il primo sguardo tra loro: lei era una ragazza silenziosa, con occhi limpidi e un sorriso che sembrava fragile come cristallo. Diceva agli amici: “È come un fiore che deve ancora aprirsi.” Ora quel fiore gli pareva mai sbocciato, già appassito.
Giulia però non si sentiva spenta. Trovava gioia nelle piccole cose: un tè profumato, un libro letto a sera, un nuovo cuscino sul divano. Ma per Aldo era solo routine. Un lento spegnersi.
Non parlavano mai di separazione, ma l’atmosfera era carica.
— Giulia è una donna straordinaria, — diceva la madre di lei. — Dovresti esserne grato.
— Non capite niente! — ribatteva lui.
Il padre scrollava le spalle:
— Che impari da solo.
Alla fine, esplose.
— Pensavo fossi un fiore meraviglioso. Ora sei solo un bocciolo gelido.
Quel giorno, Giulia pianse per la prima volta dopo mesi.
— Sono stanco, — mormorò Aldo.
— Di me?
— No. Di questa vita.
Giulia prese la borsa, calma.
— Forse è meglio se te ne vai.
— Non ho intenzione di farlo!
— Questa casa appartiene alla mia famiglia. E io non voglio più vivere con qualcuno che mi guarda come un peso.
Alla fine, se ne andò lui. Il divorzio fu rapido, come una ferita che non sanguina subito.
Primavera, tre anni dopo
Aldo non aveva ricostruito nulla. Viveva ancora con i genitori, arrancava tra lavori precari e giornate tutte uguali. Una sera, camminando per caso lungo una via del centro, alzò lo sguardo verso un caffè illuminato e si fermò.
Lì, in piedi all’ingresso, c’era Giulia.
Ma non era la donna che ricordava. Era diversa. I capelli raccolti con cura, un cappotto elegante, le chiavi dell’auto tra le dita. Un’eleganza serena, sicura.
— Giulia? — mormorò lui.
Lei si voltò. Sorrise.
— Aldo! Ma guarda un po’. Come stai?
— Bene, — mentì lui. — E tu?
— Molto meglio. Ho aperto il mio atelier di fiori. Era un rischio, ma qualcuno ha creduto in me.
— Qualcuno?
Un uomo alto si alzò da un tavolo, le poggiò una mano sulla spalla con tenerezza.
— Amore, ho trovato un tavolo libero.
— Marco, questo è Aldo, — disse Giulia con calma.
— Felice per te, — disse Aldo, mentre qualcosa dentro si stringeva.
— Grazie, — rispose lei, e con un cenno lo salutò.
Mentre la coppia entrava nel caffè, Aldo restò fermo, solo.
Un tempo diceva: “È un bocciolo che deve ancora aprirsi.”
E ora lo vedeva: quel fiore aveva sbocciato. Ma non accanto a lui.