— Ma che diamine, Sophia, perché questa casa è un disastro?! — ruggì Oleg, entrando nel soggiorno come una furia e lasciando cadere la sua valigetta con un tonfo sordo.
— Oleg, per favore, abbassa la voce. Ho appena sistemato tutto — replicò Sophia con calma, lanciando un’occhiata preoccupata ai documenti sparsi sul pavimento.
— Sistemato? E la cena? Dov’è il mio pasto caldo? Cosa diavolo hai fatto tutto il giorno?! — la sua voce si alzò ulteriormente, gli occhi brillavano di rabbia mentre agitava le mani con impazienza.
— Ho curato le piante, preparato del brodo… — cercò di spiegare lei, mantenendo un tono pacato.
— Le piante?! Ma chi se ne frega di quelle stupide foglie quando io sto morendo di fame?! Il minimo che potresti fare è pensare a tuo marito! — sbottò Oleg con sarcasmo, squadrandola con disprezzo. — Ah, a proposito, oggi ho pranzato al ristorante con Lika. Ma almeno speravo di tornare a casa e trovare un po’ di ordine. È chiaro?
— Capisco — sussurrò Sophia quasi impercettibilmente.
Fu in quel momento che i tacchi risuonarono nel corridoio. Lika, giovane, audace e con un sorriso sprezzante, fece il suo ingresso. Lanciò la borsa sul pavimento senza tante cerimonie e iniziò a lamentarsi:
— Oleg, sei il solito insensibile! Mi hai fatto aspettare un’eternità! Come pensavi che attraversassi la città in un taxi affollato? E poi hai pure criticato i miei dolci davanti a tutti al ristorante! Come ti permetti? Se non fosse per me…
— Basta, Lika! Mi esplode la testa senza bisogno delle tue scenate! — sbottò Oleg, stringendo i denti.
— Taci tu! Se non fosse per il tuo atteggiamento, non dovrei nemmeno alzare la voce! E comunque… — si interruppe di colpo, notando Sophia.
Quest’ultima tossì leggermente per attirare l’attenzione:
— Posso offrirvi qualcosa da mangiare? Lika, preferisci un tè o una limonata?
— Tè? Limonata? Ma per favore! — sbuffò Lika, sprofondando sul divano con aria annoiata.
— Portami qualcosa di fresco — ordinò Oleg, togliendosi la giacca e lasciandola cadere sulla sedia.
— Subito — rispose Sophia con la solita calma, scomparendo in cucina.
Lika la seguì con lo sguardo sprezzante:
— Sei la domestica di questa casa? Oh, che ruolo prestigioso…
— Basta, Lika — Oleg si massaggiò le tempie con impazienza. — Sophia si occupa della casa, ed è meglio che tu non ti intrometta.
In cucina, Sophia riempì una caraffa di limonata e afferrò il telefono, componendo rapidamente il numero di sua figlia.
— Mamma! Ciao! Come stai? — la voce allegra di Evgenia risuonò nell’altoparlante.
— Ciao, tesoro. Sto bene. E tu? Come sta la tua gamba?
— Niente di grave, solo un livido. Ma sono più preoccupata per te. Papà sta diventando insopportabile con questa sua nuova fiamma…
— Non preoccuparti, ho imparato a far finta che non esista.
— Mamma, sta solo approfittando di te! E quella Lika è una vera vipera…
— Stai tranquilla, figlia mia. Resto qui per il tuo bene, affinché tu abbia tutto ciò di cui hai bisogno per un futuro sicuro.
— Dai, mamma, sono adulta. Posso cavarmela da sola! Ti prego, vattene da lì!
— Non è ancora il momento. Devo aspettare il momento giusto… E i documenti? Sono pronti?
— Giovedì dovrebbero essere pronti, e poi vengo a prenderti — sussurrò Evgenia.
— Bene. Ma per quanto riguarda l’acquirente?
— C’è già, ma potrà venire solo venerdì. Quando sarà fuori papà?
— Dalle dieci alle quattro non ci sarà nessuno in casa. Organizzati per l’ora di pranzo, è il momento migliore.
— Va bene, mamma, ma se qualcosa va storto…
— Ogni cosa a suo tempo, cara.
Conclusa la chiamata, Sophia si asciugò una lacrima con il bordo del grembiule. Poi tornò in soggiorno, dove Lika sorseggiava la sua cola con aria altezzosa e Oleg era immerso nei suoi documenti.
— Finalmente, hai portato da bere! — commentò Lika, senza nemmeno guardarla. — Almeno questo l’hai fatto bene.
Sophia rimase in silenzio. Si limitò a sistemare i capelli dietro l’orecchio e a spostarsi in disparte, senza dare seguito alla conversazione.
Quella sera, Slavik, socio in affari di Oleg, fece la sua comparsa. Alto, muscoloso e con un sorriso costantemente beffardo, entrò con la sua solita spavalderia.
— Sophia, cara, mi fai una tazza di tè? — chiese con tono affabile, già dirigendosi verso la cucina.
— Certo, metto subito l’acqua a scaldare — rispose lei con la consueta cortesia.
Nel frattempo, Lika si avvicinò a Slavik con fare civettuolo:
— Allora, tesoro, quando arriva il prossimo carico? Ho bisogno di vestiti nuovi per i miei shooting!
— Appena arriva, sarai la prima a saperlo, dolcezza. Ma abbi pazienza.
Sorrisi falsi, risate forzate. Sophia osservava tutto con discrezione, annotando mentalmente ogni dettaglio. Una tempesta si stava preparando. E lei, silenziosamente, stava per girare la vela a suo favore.
Quella notte, Oleg, Lika e Slavik si rifugiarono nella sala cinema con alcol e snack. Sophia, con mani esperte, preparò tutto. E prima di portarlo su, con discrezione, aggiunse un piccolo ingrediente speciale, ricevuto da un’amica in farmacia.
— È solo un leggero stimolante. Nulla di troppo forte, ma farà emergere il peggio in chi già ha il sangue caldo — le aveva spiegato l’amica con un sorriso complice.
Mentre osservava la scena prendere vita, con Oleg che sbraitava, Lika che lanciava oggetti e Slavik che si infuriava, Sophia si appoggiò alla porta, le mani giunte. Il suo cuore batteva più forte.
La fine era vicina. Bastava solo attendere il momento giusto.