A 65 anni, per la prima volta nella vita, mi trovo a riflettere su una domanda dolorosa: i figli per i quali io e mio marito abbiamo sacrificato tutto, ora sembrano non aver più bisogno di noi. Tre figli cresciuti con amore, a cui abbiamo dedicato tempo, energia e risorse, sembrano averci lasciati indietro senza voltarsi indietro. Mio figlio Matteo non risponde neanche alle mie chiamate. Mi ritrovo a chiedermi, con un nodo in gola: chi ci sarà accanto a noi, un domani, per offrirci anche solo un bicchiere d’acqua?
Mi sono sposata a 25 anni. Marco, il mio compagno di classe, mi aveva corteggiata con una determinazione dolce ma tenace. Si era persino iscritto alla mia stessa università solo per restare vicino a me. Dopo un matrimonio semplice, ma pieno d’amore, sono rimasta incinta di Sofia, la nostra primogenita. Marco ha dovuto lasciare gli studi per lavorare, mentre io ho sospeso temporaneamente il mio percorso accademico.
Sono stati anni difficili. Marco lavorava instancabilmente per farci andare avanti, mentre io cercavo di imparare a essere madre, riprendendo anche gli studi. Due anni dopo è arrivato Matteo, e con lui altre notti insonni e sacrifici. Io frequentavo le lezioni serali, e Marco continuava a portare sulle spalle il peso della famiglia.
Con tenacia siamo riusciti a crescere Sofia e Matteo, trovando un equilibrio fragile ma prezioso. Quando Sofia ha iniziato la scuola, ho finalmente trovato un lavoro nel mio settore, e la nostra vita sembrava prendere una piega più serena. Ma proprio quando ci stavamo stabilizzando, è arrivata Anna, la nostra terza sorpresa.
Nonostante le nuove sfide, abbiamo stretto i denti e ce l’abbiamo fatta. Quando Anna ha iniziato la prima elementare, ho sentito per la prima volta una lieve sensazione di respiro dopo anni di tensione continua. Ma il destino non smetteva di metterci alla prova: Sofia, fresca di ingresso all’università, ci disse di voler sposarsi. Non ci opponemmo, ricordando la nostra stessa storia d’amore precoce. Organizzare il matrimonio e aiutarla ad acquistare casa ha prosciugato gran parte dei nostri risparmi.
Poco dopo, Matteo ha espresso il desiderio di avere una sua casa. Non potevamo negarglielo, così ci siamo indebitati ancora per dargli una mano. Fortunatamente, il suo talento gli ha permesso di ottenere un buon lavoro in una grande azienda.
Poi è arrivato il sogno di Anna: studiare all’estero. Anche se le difficoltà finanziarie si accumulavano, abbiamo trovato il modo di mandarla all’università dei suoi sogni. Anna è partita, e per noi è iniziato il silenzio.
Col tempo, le visite dei nostri figli sono diventate sempre più rare. Sofia, pur vivendo vicino, ci vedeva solo sporadicamente. Matteo ha venduto il suo appartamento e si è trasferito nella capitale, e le sue visite si sono diradate ancora di più. Anna, dopo la laurea, ha deciso di restare all’estero.
Abbiamo dato tutto a loro: il nostro tempo, la nostra giovinezza, i nostri risparmi. Ora non chiediamo nulla di materiale, ma soltanto una cosa semplice: una telefonata, una visita ogni tanto, una parola affettuosa.
Eppure, sembra che anche questo sia diventato troppo da aspettarsi. A questo punto mi chiedo: forse è arrivato il momento di smettere di sperare in qualcosa che non arriverà più? Forse, dopo una vita dedicata agli altri, io e Marco meritiamo finalmente di vivere per noi stessi? A 65 anni, forse è ora di mettere noi due al centro, e cercare una felicità che non abbiamo mai concesso a noi stessi.