Quello che è successo dopo il funerale di mia figlia era impensabile, non l’avrei mai immaginato.

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Tardo autunno avvolgeva il cimitero con un silenzio pesante, mentre le foglie secche volteggiavano lente tra le lapidi. Maria stava davanti alla tomba di sua figlia, immobile, come sospesa tra due mondi. Il suo cappotto grigio e il cappello dal colore acceso erano l’unico segno di vita in quel paesaggio spento. Al suo fianco, Asya e Lena cercavano di offrirle un conforto fragile, mentre il vento spezzava le parole del prete in frammenti dimenticati.

Maria non piangeva, il dolore era un vuoto profondo che le serrava il petto. La piccola Veronica era ormai sotto terra, il suo nome un sussurro spezzato dal destino. Asya le prese la mano con dolcezza, Lena abbassò lo sguardo, consapevoli che in quel momento nessuna parola avrebbe potuto lenire la ferita.

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All’improvviso, nella mente di Maria riaffiorò un ricordo vivido: il giorno in cui incontrò Alexei. Era entrata come segretaria in un’azienda di mobili, un lavoro semplice che le dava una parvenza di normalità. Lui, con il suo sguardo tranquillo e gentile, era stato il primo a notarla davvero. La loro storia nacque lentamente, fatta di piccoli gesti, caffè condivisi e confidenze sussurrate.

Quando Maria scoprì di essere incinta, Alexei la sostenne con una dedizione che le dava speranza. “Sarà una femmina,” le disse con certezza, e lei sentì il cuore aprirsi a quella promessa di futuro. Ma il destino, crudele, li tradì quella sera in ospedale: un cesareo d’urgenza, una speranza svanita.

Ritornata al presente, Maria fissava la terra fresca, consapevole che l’unico modo per sopravvivere era raccogliere i pezzi di sé stessa e imparare a vivere con l’assenza. Asya e Lena la accompagnarono silenziose, mentre il vento continuava a portare via le preghiere, lasciando solo il fragile eco di un amore spezzato.

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