Da settimane, mia suocera invadeva la nostra casa come se fosse sua, prendendo senza chiedere e giustificandosi con scuse assurde. Io, Paola, cercavo di essere paziente. Mia suocera diceva che era per sua figlia, Annalisa, la sorella di mio marito Luca, che “non aveva nulla da mettere”. Ma la verità era che lei si serviva senza rispetto, e Luca faceva spallucce, giustificando tutto con un rassegnato “È la mamma”.
Le sparizioni aumentavano: carne dal freezer, polpette intere, e una volta addirittura la mia piastra per capelli nuova, che non avevo nemmeno acceso. Mi dicevo che dovevo sopportare, ma dentro cresceva una frustrazione che non riuscivo più a contenere.
Il culmine arrivò pochi giorni prima del nostro quinto anniversario. Avevo finalmente comprato il paio di scarpe perfette, costose, quelle che desideravo da mesi, pronte per la festa. Le lasciai in camera, nella loro scatola, sicura che avrei brillato.
Quel giorno però rimasi bloccata al lavoro e chiesi a Luca di prendere Annalisa all’asilo. Quando mi disse che aveva dato le chiavi di casa a sua madre per farla stare un po’ con lei, qualcosa dentro di me si spezzò.
Al ritorno, trovai la scatola delle scarpe vuota.
“Dove sono le mie scarpe nuove?” chiesi, tremando.
Luca scrollò le spalle, ignaro.
Chiamai mia suocera. Lei rispose, fredda e senza vergogna: “Le ho date ad Annalisa, lei non aveva niente per la festa. Tu hai già troppe scarpe.”
Riattaccò senza scuse. Luca disse che avremmo comprato un altro paio, ma io sentii che quella era l’ultima volta che avrei permesso a qualcuno di calpestare la mia pazienza.
Andammo al centro commerciale e scelsi le scarpe più costose, quella che desideravo davvero.
“Paola, costano metà del mio stipendio!” protestò Luca.
“Le voglio. Le compriamo,” dissi, con la calma di chi ha deciso di non tacere più.
Quel messaggio sul cellulare di Luca mentre tornavamo a casa cambiò tutto.
“No, mamma. Non verrai più da noi. Né oggi, né domani, né l’anno prossimo.”
Era la fine di una pazienza troppo a lungo tradita.