Il guardaboschi Viktor avanzava con passi leggeri lungo il sentiero, attento ai suoni del bosco: il fruscio delle foglie, il battito d’ali di un corvo, il lieve schiocco di un ramo spezzato da un animale in corsa. L’aria fresca dell’autunno portava con sé l’odore umido della terra e degli aghi di pino.
Si dirigeva verso il confine meridionale della riserva, dove nei giorni precedenti aveva scovato tracce sospette: solchi lasciati da pneumatici, segno inequivocabile della presenza di bracconieri.
A un tratto, il canto degli uccelli si fece agitato. I tordi lanciavano richiami d’allarme, inquieti. Viktor rallentò il passo e scrutò il sottobosco. Poco più avanti, il terreno era smosso, solcato da impronte profonde e, al centro, una chiazza di sangue scuro. Il suo sguardo corse tra i cespugli, e lì la vide: una lupa giaceva immobile, il pelo grigio intriso di terra e sangue.
Accanto al suo corpo, una trappola aperta. Si era liberata, ma non era bastato a salvarle la vita. Viktor sospirò, stringendo i denti. Non era la prima volta, e purtroppo non sarebbe stata l’ultima. Stava per tornare alla capanna per segnalare l’accaduto, quando un suono lo fermò.
Un gemito.
Si abbassò e spinse da parte alcuni rami. Tre cuccioli di lupo lo fissavano con occhi spalancati e tremanti. Erano piccoli, troppo piccoli per cavarsela da soli.
Viktor si inginocchiò, combattuto. Il regolamento della riserva imponeva di non interferire con i cicli naturali, ma lasciarli lì significava condannarli a morte certa.
“Non posso girarmi dall’altra parte,” mormorò.
Tolse il giaccone, avvolse con cura i cuccioli e li portò con sé.
Nella sua capanna ai margini della foresta, i piccoli si ambientarono rapidamente. Li chiamò Ombra, Zanna e Fiamma. Ombra era il più schivo, Zanna aveva una piccola zoppia e Fiamma era il più vivace. Ogni giorno, Viktor si prendeva cura di loro, nutrendoli prima con latte e poi con carne fresca. Crescevano in fretta, e presto iniziarono a rincorrersi sulla veranda, mordicchiandosi e cercando di coinvolgere anche lui nei loro giochi.
Ma non tutti approvavano la sua decisione. Quando la voce si sparse, gli abitanti del vicino villaggio iniziarono a guardarlo con sospetto.
“Quei lupi diventeranno un problema,” disse qualcuno al mercato.
Anche il capovillaggio si presentò alla sua porta. “Viktor, sai bene che allevare lupi è rischioso. Devi trovare una soluzione.”
Lui non rispose. Sapeva già quale fosse la soluzione: prepararli alla libertà.
In collaborazione con altri ranger, costruì un’area recintata nella foresta, dove i giovani lupi impararono a cacciare prede vive. Ogni giorno si distaccavano sempre più dalla vita con Viktor. Finché arrivò il momento.
Li condusse in una zona sicura, lontana dagli insediamenti umani, e uno dopo l’altro li lasciò andare. Fiamma si voltò per un ultimo sguardo, poi sparì tra gli alberi.
I mesi passarono. Viktor riprese la sua routine, senza più i tre piccoli compagni ad attenderlo la sera.
Una mattina d’inverno, trovò qualcosa sulla soglia della sua capanna. Un coniglio, lasciato con cura. Intorno, le impronte di lupo.
Sorrise. “Siete tornati.”
Sapeva che non li avrebbe rivisti, ma era certo che, in qualche modo, avrebbero sempre vegliato su di lui.