Quando il Sogno di una Casa Diventa una Sfida Familiare

Larisa si trovava vicino alla finestra, osservando il cantiere edilizio dove, solo un mese prima, crescevano soltanto pini e betulle. Ora, al centro di quello spazio, si ergeva la struttura del loro futuro rifugio: una casa a due piani, ampia, con grandi finestre e un’ampia veranda. Era esattamente il tipo di abitazione che aveva sognato fin da bambina.

«Larco, vieni qui!» chiamò il marito dalla cucina. «Sta chiamando Olena.»

Con riluttanza, Larisa si staccò dalla finestra. Le conversazioni con la cognata richiedevano sempre un particolare stato d’animo; Olena aveva la capacità di trasformare ogni piccola faccenda domestica in una vera e propria tragedia cosmica.

«Ciao Olena,» disse Larisa prendendo la cornetta da Andrii. «Com’è la vita al sud?»

«Cara Larisa!» la voce di Olena era insolitamente vivace. «Immagina, hanno rinnovato il contratto di Mykhailo per qualche mese! Certo, potremmo passare al lavoro da remoto, ma i salari sono ottimi, il clima favoloso e i bambini sono abbronzati come cioccolatini. Frutta e verdura fresche ovunque… davvero non vogliamo più partire!»

Un peso le strinse il petto. Significava che avrebbero dovuto trattenersi nell’appartamento di Olena ancora un po’. Eppure la loro casa era quasi ultimata, avevano pianificato il trasloco per il mese successivo.

«E il vostro appartamento?» chiese cautamente. «Avevamo concordato solo un breve soggiorno, e abbiamo spinto i muratori per rispettare i tempi…»

Olena rise. «Non preoccuparti! So che presto avrete la vostra casa, giusto? Trasferitevi pure senza problemi, noi possiamo rimanere ancora un po’, i bambini adorano questo posto!»

Vedendo l’espressione dubbiosa della moglie, Andrii prese il telefono.

«Olena, cosa succede se dobbiamo entrare prima? Promettono di terminare le finiture entro fine ottobre.»

«Allora venite pure!» rispose lei con noncuranza. «Capisco tutto! Ora avete una casa tutta vostra. Perché tenere il nostro bilocale?»

Dopo la chiamata, il silenzio riempì la stanza. Larisa strofinava distrattamente alcune tazze già pulite, mentre Andrii sfogliava alcune carte senza davvero leggerle.

«Cosa ne pensi?» chiese infine lui.

«Penso che tua sorella segua sempre le emozioni,» rispose Larisa con un pizzico di irritazione mentre riponeva una tazza nel mobile. «Sarebbe stato più pragmatico affittare l’appartamento, così non resta vuoto.»

«Sai bene quanto sia diffidente con gli estranei…» obiettò titubante Andrii. «È affar suo.»

«Concordo, non mi intrometto,» rispose Larisa rivolta al marito. «Solo che lei cambia idea più volte alla settimana e ha un’interpretazione troppo libera della vita. Mi è difficile trovare un terreno comune con lei. Per fortuna la casa è quasi pronta.»

I giorni successivi trascorsero in un turbine di attività frenetiche. I muratori lavorarono con grande rapidità: entro la fine di ottobre la casa era completamente finita. Larisa non riusciva a staccare gli occhi dal soggiorno spazioso con il camino, dalla cucina con l’isola centrale, dalle camere da letto con finestre panoramiche. Era esattamente il rifugio che aveva immaginato durante le lunghe serate invernali trascorse nell’appartamento stretto e piccolo.

“Un sogno che si realizza nel pieno rispetto delle aspettative di una vita.”

Il trasloco fu rapido: avevano pochi oggetti da portare e alcuni amici di Andrii diedero una mano con i mobili. Già la sera stessa si rilassavano nel loro soggiorno, sorseggiando tè e godendosi la tranquillità e gli spazi.

«Dobbiamo avvisare Olena che ci siamo trasferiti,» disse Andrii tirando fuori il cellulare.

«Sì, assolutamente,» concordò Larisa. «Così saprà che il suo appartamento è libero, se avranno bisogno.»

Olena accolse la notizia con entusiasmo.

«Che meraviglia! Bravi! La casa è venuta bene? Mandate qualche foto! A proposito, arriveremo anche noi a breve, Mykhailo ha già comprato i biglietti per la prossima settimana. I bambini devono andare a scuola e non oziare in spiaggia. Organizzeremo una festa di inaugurazione!»

«Perfetto,» sorrise Andrii. «Vi aspettiamo.»

Larisa sorrise a sua volta, ma con una certa tensione. Il tono di Olena la metteva in allerta, senza riuscire a capire esattamente il perché.

«Te l’avevo detto! Sempre sette cambiamenti a settimana. Prima parlava di restare, poi si è ricordata che i bambini devono andare a scuola ed è urgente tornare…»

Una settimana più tardi, un taxi si fermò davanti al loro cancello, e iniziarono a scaricare valigie, molte valigie – troppe per ospiti attesi solo per pochi giorni.

«Mamma, questa casa è enorme!» esclamò Kirilo, il figlio di dieci anni di Olena. «Posso avere la stanza con il balcone?»

«Certo, tesoro,» Olena abbracciò il bambino e scrutò la casa con occhi soddisfatti. «C’è spazio per tutti.»

Larisa sentì il cuore stringersi. Uscì sulla veranda insieme ad Andrii per accogliere i parenti.

«Olena! Myshko!» Andrii abbracciò la sorella e la cognata. «Come è andato il viaggio? I bambini stanno bene?»

«Tutto alla grande!» Olena baciò fratello e cognata. «La casa è davvero bella! Non a caso siamo arrivati con le valigie,» annunciò con allegria, indicando la grande quantità di bagagli.

Larisa e Andrii si scambiarono uno sguardo perplesso.

«Con le valigie?» chiese Larisa con tono lento.

«Certo!» disse Mykhailo, marito di Olena, dando una pacca sulla schiena a Andrii. «Vi abbiamo ospitato per un anno, abbiamo lasciato il nostro appartamento. Ora tocca a voi ospitarci. È giusto così! E la casa è enorme, c’è spazio per tutti.»

«Mamma, dov’è la mia stanza?» domandò intanto Vika di dodici anni, osservando il secondo piano.

«Vediamo subito, piccola,» Olena si diresse verso la porta d’ingresso. «Che meraviglia! Andrii, tu e Larisa siete stati fantastici. Anche se la veranda poteva essere più grande, ma pazienza.»

Larisa rimase immobile, come inebetita. Quella scena le sembrava un incubo. Olena e Mykhailo trasportavano le valigie con aria pratica, i bambini correvano tra le stanze scegliendo le camere, mentre Andrii osservava confuso la moglie e la sorella.

«Olena, aspetta,» finalmente si riprese. «Non avevamo concordato che avreste vissuto qui. Pensavamo che foste solo di passaggio…»

«Di passaggio?» Olena alzò un sopracciglio stupita. «Andriyko, davvero? Vi abbiamo aiutato per un anno! Questa si chiama solidarietà familiare. La famiglia deve essere unita. E poi, guarda, che casa grande! Dovremmo forse andare in hotel?»

«E il vostro appartamento?» sussurrò Larisa.

«E l’appartamento?» Mykhailo scrollò le spalle. «Lo possiamo affittare. Facciamo bei soldi. Intanto viviamo qui, finché non decidiamo cosa fare. Magari arriva un altro contratto.»

«Vika, Kirilo, venite qui,» chiamò Olena i bambini. «Abiterete al piano di sopra, scegliete le stanze. Solo non le più grandi, quelle servono a zio e zia.»

Dentro Larisa sentiva crescere una rabbia intensa. Quella casa era il loro progetto, il sogno costruito con fatica e denaro; ora Olena si comportava come se fosse casa sua!

«Olena, dobbiamo parlare,» disse con fermezza.

«Certo, parliamo, al tè. Ho portato marmellata da Odessa, è deliziosa! Metto su l’acqua per il tè.»

Si diresse in cucina come se avesse sempre abitato lì.

La sera, con i bambini addormentati e Mykhailo uscito a fare la spesa, Larisa e Andrii cercarono di spiegare delicatamente la loro posizione.

«Sai, Olena,» iniziò Andrii, «siamo grati per il tuo supporto. Quando abbiamo deciso di vendere il nostro appartamento per costruire questa casa, il tuo ospitarci per un anno è stato fondamentale. Ma quella casa l’abbiamo costruita per noi. Non prevedevamo di vivere in una famiglia allargata.»

«Ma dai!» Olena scosse la testa. «Che famiglia allargata? Siamo parenti! E poi, guarda quanto spazio: quattro camere da letto, due soggiorni. Dovremmo dividerci negli angoli?»

«Non è una questione di metri quadrati,» intervenne con cautela Larisa. «Ogni famiglia ha bisogno del suo spazio e delle proprie regole…»

«Quali regole?» Olena si fece imbronciata. «Siamo persone civili, sappiamo tenere in ordine.»

«Olena, non capisci,» Andrii si massaggiò la fronte. «Volevamo vivere da soli. Questa è la nostra casa, costruita per noi.»

«Ah ecco, capito!» Olena si alzò di scatto. «Quando avevate bisogno di aiuto, eravamo famiglia. Ora che state in piedi da soli, siamo estranei. Che bel modo di vedere le cose!»

«Olena, cosa c’entra?» cercò di mantenere la calma Larisa. «Siamo molto grati per l’aiuto, ma non avevamo stabilito di convivere.»

«Non stabilito?» la voce di Olena si fece stridula. «E allora di cosa abbiamo parlato? Vi ho dato il mio appartamento per un anno, e ora mi dite dove devo vivere?»

Entrò Mykhailo, sentendo le voci alzate.

«Che succede?»

«Succede che ci stanno cacciando!» singhiozzò Olena. «Un anno vi abbiamo aiutato e ora ci buttate fuori!»

«Nessuno vi caccia,» rispose stanco Andrii. «Vogliamo solo che capiate: questa è la nostra casa. Potete restare come ospiti, ma non viverci sempre.»

«Ah sì?» incrociò le braccia Mykhailo. «Credevo fossimo famiglia. Dare un appartamento a parenti per un anno? Poco. Vivere da parenti finché si trova un altro contratto? Poco. Forse mi sbagliavo.»

«E il lavoro?» si infervorì Larisa. «Avevate detto di partire per la scuola dei bambini!»

«E allora?» Olena si asciugò gli occhi con un fazzoletto. «Volevamo combinare tutto: scuola per i bambini, aria fresca, natura. Una splendida occasione per i vostri nipoti! E in una casa tutta vostra, ricordate?»

«Nella nostra casa!» sbottò Larisa. «Nella nostra! L’abbiamo costruita e pagata noi!»

«Con quali soldi?» chiese sarcastico Mykhailo. «Con quelli della vendita dell’appartamento che vi abbiamo dato per un anno gratis?»

«Basta!» si alzò Andrii. «Abbiamo pagato le bollette, comprato cibo, curato l’appartamento. Non è un favore, ma aiuto reciproco.»

«Sì, aiuto reciproco!» Olena singhiozzò ad alta voce. «La vostra parte è finita, la nostra no!»

«Siamo andati via dal vostro appartamento. Voi siete stati ospiti qui, ora siamo pari.»

«Pari?» Olena si alzò dal divano.

«Olena, calmiamoci,» chiese Andrii. «Parliamo con calma.»

«Calma?» rise istericamente Olena. «Come posso calmarmi con chi ti butta fuori? Myshko, raccogli le cose. Qui non siamo benvenuti.»

«Aspettate,» sospirò Larisa. «Non vi stiamo mandando via. State tranquilli una o due settimane, godetevi la natura…»

«Una o due settimane?» sorrise Mykhailo sarcastico. «Un anno di appartamento, una settimana qui. Giusto scambio!»

«Non è uno scambio!» esplose Larisa. «È la vita! Ogni famiglia ha il diritto a una casa e a una propria vita.»

«Sì, ogni famiglia,» disse Olena con un sospiro. «Solo non la nostra, a quanto pare. Possiamo solo tornare in città.»

«Olena, non esagerare,» parlò Andrii avvicinandosi. «Sai che vi vogliamo bene. Ma abbiamo bisogno di uno spazio privato…»

«Spazio?» Olena guardò il soggiorno ampio. «Qui si potrebbe giocare a calcio! Che spazio?»

«Non fisico,» spiegò esausta Larisa. «Privato, psicologico.»

«Ah, psicologico!» alzò le mani Olena. «Quindi la mia presenza vi disturba? Grazie per la sincerità!»

«Non è questo!» Larisa si prese la testa con le mani. «Vogliamo vivere come famiglia – è normale!»

«Normale?» annuì Mykhailo. «Molto normale. Solo che non per i parenti, a quanto pare.»

«E i parenti cosa c’entrano?» Andrii guardò confuso la moglie. «Non abbiamo detto di non volervi come ospiti…»

«Ospiti?» Olena batté le mani. «Ascolta, Myshko, da ospiti possiamo venire. Ma a casa nostra di famiglia, solo da ospiti!»

«Questa non è casa vostra!» Larisa sbottò.

Regnò un silenzio. Olena guardò la cognata come se fosse stata colpita.

«Non nostra,» ripeté lentamente. «Capito. Molto chiaro.»

«Olena, non volevo dire questo…»

«No, era proprio questo che volevi dire,» prese la borsa Olena. «Myshko, chiama i bambini, andiamo.»

«Dove andiamo?» domandò confuso Andrii. «Fuori è notte.»

«Non è più un vostro problema,» disse Mykhailo salendo le scale. «A quanto pare, non siamo a casa nostra.»

«Olena, non fare sciocchezze,» tentò di fermarla Andrii. «Passate almeno la notte, domattina discutiamo.»

«No, grazie,» disse Olena senza voltarsi. «Abbiamo deciso. Grazie per l’ospitalità.»

In mezz’ora il taxi portò via la famiglia di Olena con tutte le valigie. I bambini erano tristi e confusi. Olena rimaneva muta, guardando dal finestrino, mentre Mykhailo borbottava irritato.

Larisa e Andrii guardarono fuori, osservando le luci rosse del taxi sparire nell’oscurità.

«Pensiamo di aver fatto la cosa giusta?» chiese Andrii piano.

Larisa lo abbracciò e gli si strinse addosso.

«Non lo so,» rispose sinceramente. «Ma questa è la nostra casa. L’abbiamo costruita con i nostri soldi. E abbiamo il diritto di viverla come desideriamo.»

Andrii sospirò e strinse più forte sua moglie. La casa intorno a loro era silenziosa e vuota – esattamente come l’avevano sognata. Eppure quel silenzio adesso appariva pesante, come se avesse un prezzo troppo alto.

Su un angolo del salotto, rimaneva un barattolo di marmellata di Odessa, quello che non avevano mai avuto il tempo di assaggiare.

  • Una storia di sogni costruiti con impegno.
  • Conflitti familiari inevitabili quando spazio e confini si intrecciano.
  • Importanza del rispetto reciproco e del bisogno di autonomia personale.

Conclusione: La vicenda di Larisa e Andrii rappresenta la complessità di conciliare i legami di famiglia con il desiderio di uno spazio personale e indipendente. Anche quando l’aiuto e la solidarietà sembrano essere naturali fra parenti, è essenziale che ciascuno rispetti i confini altrui per preservare l’armonia e vivere serenamente. L’esperienza di questa coppia ci ricorda quanto sia preziosa non solo una casa fisica, ma anche il diritto di sentirsi padroni del proprio ambiente, dove poter costruire una vita equilibrata e di qualità.