Ho trent’anni, lui quaranta. Siamo sposati da poco e conviviamo. È stato lui a proporre di gestire le finanze separatamente.

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Cinque anni fa ho detto “sì” all’uomo che amavo. Io avevo trent’anni, lui dieci più di me. I primi tempi li abbiamo trascorsi in affitto, e per coprire le spese versavo gran parte del mio stipendio. Trattenevo solo il minimo indispensabile per me. Era sempre lui a prendere quei soldi e a occuparsi del pagamento.

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Quando abbiamo deciso di comprare casa, abbiamo continuato sulla stessa linea: io gli davo ogni mese la stessa cifra, e così, piano piano, abbiamo messo da parte abbastanza per l’anticipo. I nostri genitori ci hanno dato una mano con la ristrutturazione. Poi, mio marito ha proposto una nuova divisione: lui avrebbe gestito mutuo e bollette, a me sarebbero spettate spesa e risparmi per le vacanze. All’inizio questa proposta mi è sembrata fredda — nella mia famiglia si faceva tutto insieme, senza conti precisi. Ma ho accettato, pensando che forse era solo un modo diverso di vedere le cose.

Viviamo così da quattro anni. In teoria, avere la mia libertà economica mi piace. Posso decidere da sola come spendere i miei soldi. Però ci sono situazioni che mi lasciano un senso di amarezza. A volte capita che lui faccia la spesa al posto mio, magari perché non ho contanti con me. E puntualmente, anche se si tratta di pochi euro, mi chiede di restituirglieli. Questo mi ferisce. Mi aspettavo un marito che fosse un punto fermo, una figura su cui poter contare. Invece, a volte mi sento solo una coinquilina con cui lui regola i conti.

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Una sera, ad esempio, ho ordinato una pizza e gli ho chiesto di pagarla in contanti. Gli avevo detto che gli avrei ridato i soldi, ma me ne sono dimenticata. Il giorno dopo mi ha scritto per ricordarmi che gli dovevo 300 grivnie. Mi è scesa una fitta allo stomaco. Certo, avevo dimenticato di restituirli, ma davvero era necessario essere così puntigliosi per una somma così piccola?

Non è solo questo. Mio marito non mi sorprende mai con un regalo, non mi compra nulla solo per vedermi sorridere. Neanche una sciocchezza. Fatico a spiegare cosa sento: è come un peso sul petto, qualcosa che mi toglie il respiro. Sempre più spesso ho la sensazione che non siamo una coppia, ma due soci in affari che condividono le spese.

E ultimamente, un pensiero mi tormenta: se un giorno andassi in maternità? Se non potessi più contribuire allo stesso modo? Mi sto rendendo conto che sto perdendo l’entusiasmo per questa relazione. E dentro di me comincia a farsi strada una domanda difficile, ma necessaria: ha ancora senso restare? Oppure è il momento di lasciarsi andare?

Qualcuno si è mai sentito così?