La mamma dice che lì ti prenderanno cura di te, come fanno con i nonni che non stanno più tanto bene.

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— Nonna, è vero che andrai a vivere in un posto con tante nonne come te? —

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La domanda era uscita dalle labbra di Bianca con la leggerezza tipica dei bambini, ma per Margherita fu come un pugno allo stomaco. Un attimo prima camminavano serene sotto gli alberi in fiore, il vento tiepido accarezzava le foglie, e lei teneva stretta la manina della nipote. Un attimo dopo, il mondo sembrava essersi inclinato.

Margherita, settant’anni e una vita spesa tra figli, lavoro e sacrifici, si era trasferita da sua figlia Lorenza dopo la morte del marito. Non per bisogno, ma per affetto. Era ancora autonoma, cucinava, sistemava casa, aiutava con Bianca. Ogni giorno la andava a prendere a scuola, le preparava pane e marmellata, e le leggeva favole piene di draghi e principesse.

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Quel giorno, però, il passo le si fece più lento.

— Chi ti ha detto una cosa del genere, amore?

— Ieri sera, la mamma parlava con papà. Diceva che forse è meglio se ti trasferisci in una casa dove ci sono persone che si occupano degli anziani. Così tu sei più tranquilla… e anche lei.

Margherita fece un sorriso forzato, ma il cuore le tremava.

— Non dirlo a nessuno che me l’hai detto, va bene? Rimane tra noi.

Bianca annuì, ignara di aver svelato un dolore nascosto.

Quella notte, Margherita restò sveglia fino all’alba. Si alzò, preparò una camomilla, e fissò a lungo il riflesso del proprio volto nella finestra. Cosa significava tutto questo? Era diventata un peso? Un imprevisto da gestire?

Pochi giorni dopo, senza fare drammi, prese una decisione. Preparò una valigia con calma, scrisse una breve nota — “Non vi preoccupate, sto bene. Devo solo ritrovare un po’ di me stessa.” — e uscì in silenzio.

Si sistemò in un piccolo appartamento in affitto nel quartiere dove era cresciuta. Vecchi volti cominciarono a riapparire: l’amica di scuola, il panettiere che le offriva il caffè, il bar con le sedie colorate dove poteva leggere in pace. Margherita si riscoprì capace di stare da sola, anche se dentro portava una ferita aperta.

La gente chiacchierava: “Poteva affrontare la questione con Lorenza. Bastava parlarne.” Ma lei non rispondeva.

— A volte non serve che qualcuno ti dica chiaramente che sei di troppo, — sussurrava a sé stessa. — Basta il tono di voce, uno sguardo sfuggente… o le parole innocenti di un bambino.

Lorenza non la cercò. Forse per orgoglio, forse per paura di sentirsi in colpa. E Margherita, ogni sera, guardava il cellulare sperando in un messaggio che non arrivava.

Sapeva di aver dato tutto. Sapeva di non meritare l’oblio.

Eppure, nonostante tutto, mentre si sedeva accanto alla finestra al tramonto, nel cuore c’era ancora un piccolo spazio acceso. Una speranza fragile, ma viva. Perché l’amore di una madre, a volte, sa aspettare anche in silenzio.